domenica 9 ottobre 2011

Questo non dev'essere il posto.


This must be the place. Questa la frase che mi risuonava in mente ossessivamente stamattina (che poi è anche il titolo del nuovo film di Sorrentino). Ce l'avevo nella testa, come un mantra. Doveva essere quello il posto: l'oasi naturista di Capocotta. Era lì che volevo andare, a tutti i costi. Anche se l'autobus sotto casa non passava. Poi ho scoperto che di domenica qualche testa di cazzo ha deciso di farlo rimanere in deposito. Non mi sono perso d'animo, ho preso il tram. This must be the place. L'oasi naturista era il posto dove avrei trovato la pace e la serenità che cercavo dopo lunghe settimane di stressante lavoro. Non c'ho dormito tutta la notte. Ho fatto sì e no tre ore di sonno, perchè ero così eccitato all'idea di condividere un pezzetto di spiaggia con altre persone nude come me. Perchè la pelle deve respirare, perchè voglio sentirmi sbattere il vento sulle palle. Che c'è di male? This must be the place. Prendo il trenino per Ostia e scendo all'ultima fermata: Cristoforo Colombo. Su Internet dicono che c'è un autobus che ti porta fino al chilometro nove, dove appunto c'è l'oasi naturista. Ce l'ho fatta, mi dico. Ma l'autobus non c'è. E questo sarebbe un'ostacolo? No, io non mollo. Cosa saranno mai nove chilometri? Vado a piedi. Mi immetto sulla strada statale e cammino. I ciclisti passano e si chiedono: "dove sta andando 'sto matto?". Sì, sono matto. E se non mi levo le mutande inizierò a diventare pericoloso. Proseguo. Chilometro 2. Inizio a vedere le dune di cui tutti parlano su Internet, ma non ci posso accedere perchè l'area è tutta recintata. Cammina, mi dico. Continua a camminare, ragazzo. Arrivo al chilometro 4 e in testa non mi risuona più quel mantra. Questo non è il posto, cazzo. Non si accede in nessun modo alle dune, e se non prendo un autobus non arriverò mai al chilometro nove. Ma sto camminando da un'ora e non vedo alcun pullman in entrambe le direzioni. Non posso farcela da solo. Questo non è il posto. Ritorno indietro. La Via Litoranea è troppo pericolosa da percorrere a piedi, e anche troppo lunga. Dev'esserci qualche altra soluzione, cazzo. Se riesco a costeggiare la riva del mare, forse riesco ad arrivarci, al mio paradiso. Ritorno indietro con più convinzione, e arrivo sul lungomare Amerigo Vespucci. Ricordo all'improvviso di un reportage televisivo che mostrava come l'accesso alla spiaggia, nella zona di Ostia fosse praticamente impossibile. Si estendono per chilometri stabilimenti balneari sbarrati, fatta eccezione per un piccolo spazietto aperto che trovo dopo aver camminato per una ventina di minuti. Finalmente riesco ad accedere al mare. Ci sono quasi. Se non Capocotta, troverò un posto simile, dove condividere la mia nudità con altre persone. Più vado avanti e più le persone, che affollano il litorale, scompaiono. Ci sono quasi. Riesco a vedere le dune. Le fottute dune. Però, poi, ad un certo punto, mi trovo davanti ad un cartello che dice: "Tenuta di Castelporziano, limite invalicabile". Mi dico: "sti cazzi, il mare è di tutti, e nessuno mi può fermare". Ma un soldato, con un fottuto fischietto, mi ferma e mi fa segno di ritornare indietro. Cosa?! Non posso percorrere la riva del mare? Ma che senso ha? Il mare è di tutti. Il mare sarà anche di tutti, ma questa, signori miei, è la tenuta presidenziale. Qualcuno mi aiuti a capire perchè il presidente della Repubblica, carissima persona, per carità, deve appropriarsi di un'area di 5.800 ettari. E soprattutto perchè io non ci posso passare. Voglio arrivare all'oasi naturista di Capocotta seguendo la riva del mare, che male c'è? Dov'è la democrazia? Va bene, me ne torno indietro. Ma questo non è un paese libero. Sappilo anche tu, soldato del cazzo col fischietto. E ricordati che non stai facendo un servizio utile alla collettività, ma soltanto ad uno stolto padrone. Hai capito? Ormai è finita. Questo non è il posto. Voglio tornare a casa. Mi farò una sega per farmi passare lo sfizio del nudismo. Vaffanculo, se questa è libertà allora stiamo dando i numeri. Ritorno alla stazione e trovo un uomo nudo che sta prendendo il sole in mezzo ad una piazzola di sosta per le auto. Forse anche lui ha vissuto la mia stessa odissea, e ora, stremato e distrutto si è messo a praticar nudismo fuori alla stazione del trenino. Certo è che, se lo beccano, una denuncia per atti osceni in luogo pubblico non gliela toglie nessuno. Come se poi la nudità fosse un atto osceno. Questa cosa è contro natura, è un affronto a Dio! La nudità non può essere un atto osceno, perchè è come dire che noi, con i nostri corpi, siamo osceni. E quindi Dio è osceno che li ha creati. Siamo dei malati, ci vergognamo di noi stessi e non ce ne rendiamo conto. E forse finiremo tutti all'inferno e Dio ci punirà. E punirà anche i presidenti della Repubblica (tutti) che si sono appropriati, negli anni, di 5.800 ettari di un terreno che da sul mare, e quindi è di tutti. E non di una sola persona, attenzione. E punirà anche i soldati, che limitano l'accesso alla spiaggia, perchè negano l'accesso ad un bene pubblico, un bene comune, un bene che Dio ha dato a tutti. Arrivo alla stazione, voglio tornare a casa. Questo non è il posto. Questo non è un paese libero. Fuori alla stazione ci trovo l'autobus che porta all'oasi naturista. Prima bestemmio un pò, poi vado a chiedere spiegazioni al conducente. Gli chiedo cose che non hanno senso, sono stremato. Gli chiedo come posso fare a tornare a casa, e lui mi consiglia, ovviamente, di prendere il trenino. Poi l'autobus parte e io alzo gli occhi al cielo, mi inginocchio e maledico me stesso. Perchè non sono salito su quel fottuto autobus? Poi mi rialzo, mi riassetto i pantaloni. Pensadoci, era rischioso salirci su. Se in tre ore (ah sì, perchè intanto, il mio faticoso vagare era durato tre ore) non avevo visto passare nessun autobus, voleva dire che il ritorno sarebbe stato molto a rischio. Sarei riuscito ad arrivare all'oasi naturista, ma sarei mai riuscito a tornare indietro? Questo pensiero mi tranquillizza. Salto sul treno e ritorno a casa, dove mi faccio un pugnettone da paura e lo riprendo pure, per averne un ricordo indelebile. Fanculo.

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