Vesuvio.
Pt. 3.
In tutto eravamo
sei, escludendo il fratello di Valeria. Sei sfigatissimi ragazzetti per bene,
in un quartiere piuttosto tranquillo se non si conta i classici bulletti che
alzavano le mani alla prima occasione. E vi garantisco che ogni occasione era
buona per mettere le mani addosso a un altro. Il fratello di Valeria era quello
che ne prendeva di più, perché era esile ed effeminato. E poi faceva un sacco
di cose strane. Strane per un maschietto della sua età. Ad esempio gli piaceva
disegnare i vestiti. Già a dodici anni voleva fare lo stilista. Trovava
incredibilmente appassionante il mondo della moda. Ma vi renderete conto che, a
dodici anni, a dichiarare certe cose, minimo si diventa il “soggetto” della
situazione.
Un giorno, sua madre, e quindi la madre di
Valeria, morì di un male inguaribile. E da quel momento tutti lo rispettarono.
Nessuno gli alzò più una mano addosso. Anzi, quelli che prima lo picchiavano
abitualmente, cominciarono a difenderlo. Poi, però, nel giro di un anno, tutti
i ragazzini dimenticarono l’accaduto, e ricominciarono a picchiarlo. Insomma,
la tregua durò poco.
- Torno subito –
mi disse Valeria mettendosi in piedi. – Non rivestirti.
La vidi incamminarsi verso il bagno.
Sculettava. Aveva un bel culo, scultoreo direi. Anni e anni di palestra. Un
corpo perfetto. Era una ragazza molto sportiva e molto agile. Le vidi i capelli
biondi accarezzarle le spalle, e con una mano se li portò in avanti, come se pensasse
al fatto che potessero rovinarmi la visuale. Poi sparì nel bagno. La sentii
fare la pipì. Prima o poi gliel’avrei chiesto. Di farmi pisciare addosso.
Valeria, sei un idolo del sesso.
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